interpreti B. Hannigan, B. Mehta, C. Purves direttore George Benjamin regia Katie Mitchell orchestra Royal Opera House dvd Opus Arte OA 1125 D prezzo € 25,80
A Londra, al Covent Garden nel 2013 (non alla prima del Festival d’Aix 2012) è stato registrato questo bellissimo dvd di Written on skin di George Benjamin (1960), la sua seconda opera, di nuovo su testo di Martin Crimp, ispirato alla leggendaria biografia (anonima) di un trovatore, Guillem de Cabestanh (ripresa letteralmente da Stendhal in De l’amour e nota a Boccaccio). Nell’opera il trovatore diventa un giovane miniatore (The Boy, controtenore, Bejun Mehta), al servizio di un potente e sanguinario signore feudale (The Protector, il baritono Christopher Purves), che lo ha chiamato nel castello a redigere un codice miniato. Di lui si innamora Agnès, la moglie che il signore tratta come parte delle sue proprietà (Barbara Hannigan), e il titolo ha un doppio senso: il codice è “scritto sulla pelle”, sulla pergamena; ma anche le carezze dell’amante sono incancellabilmente scritte sulla pelle di Agnès. Il marito uccide l’artista e ne fa mangiare il cuore ad Agnès, che appresa la verità sul macabro pasto si getta nel vuoto, perché mai più nulla possa cancellare dalla sua bocca il sapore del cuore dell’amato.
Ci sono due dimensioni temporali in Written on skin, e la storia medievale è raccontata come una sorta di sogno fatto oggi: tre Angeli ci portano indietro nel tempo e uno dei tre si immedesima nell’artista. I personaggi agiscono, ma sono anche narratori, e molte loro frasi descrivono l’azione (“Che sapore ha?-dice l’uomo” “Buono – dice lei”): testo e musica (e regia) sfruttano molto bene questo effetto di straniamento e tutto converge in una magistrale stilizzazione. Anche se non mancano i momenti di tensione drammatica immediata e di tagliente violenza fonica, la raffinatissima musica di Benjamin sembra evocare vicende e situazioni in una sfera onirico-visionaria distanziata, lontana, con sonorità rarefatte e silenzi che spesso possono coinvolgere più intensamente dei fortissimi. L’orchestra è usata con sorvegliata misura, le voci intonano il testo con chiarezza, ma senza cadere nel tedioso declamato. Con deliberata rinuncia Benjamin sacrifica qualcosa della forza inventiva dei suoi capolavori strumentali; ma ci sono in orchestra colori affascinanti (e strumenti aggiunti dall’effetto particolare, come la viola da gamba e la glassharmonica). Controllo, essenzialità e misura convergono in una scrittura di grande concentrazione e finezza.
Interpretazione musicale splendida, con solisti eccellenti e con l’autore alla guida dell’ Orchestra del Covent Garden. Non meno persuasiva la regia. Il pregevole impianto scenico di Vicki Mortimer consente a Katia Mitchell di lavorare con efficace sapienza sui diversi piani temporali. La ripresa video di Margaret Williams rende giustizia alla bellezza dello spettacolo.
Paolo Petazzi