Borodin – Il principe Igor

interpreti I. Abdrazakov, O. Dyka, M. Petrenko,
A. Rachvelishvili, V. Ognovenko, S. Semishkur
direttore Gianandrea Noseda
orchestra del Metropolitan
regia Dmitri Tcherniakov
regia video Gary Halvorson
formato 16:9
sottotitoli Ing., Fr., Ted., Sp.,Cin.,Cor.
2dvd Dg 0735146
prezzo € 29,60

 

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Mettere in scena quest’opera ha sempre comportato diverse decisioni da prendere in materia editoriale: sensibilmente aumentate ai giorni nostri, dopo che studi e ricerche negli archivi hanno di molto accresciuto sia lo stesso materiale musicale, sia le conoscenze in merito alle intenzioni narrative di Borodin. Il quale, come si sa, nonostante vi avesse lavorato per oltre diciott’anni, lasciò l’opera incompiuta: sia nella sua veste musicale, sia – lacuna forse ancora più grave – in quella testuale.
Tcherniakov ne ribalta la drammaturgia di 180 gradi. Facendone sortire un’edizione che celebra tanto l’epica quanto l’esotismo sotto una comune ottica di dolorosa presa di coscienza personale da parte d’un protagonista opportunamente presentato dubbioso e insicuro di sé, come indica l’epigrafe fatta apparire prima dell’inizio, e che recita “To unleash a war is the surest way to escape oneself, scatenare una guerra è il mezzo più sicuro per fuggire da se stessi”. Igor, cioè, visto proprio per quello che il testo propone: non già quale eroe nazionale circonfuso di epico carisma, bensì aggressore contro il parere di tutti ma anche come carattere tormentato, preda d’una crisi personale che lo spinge a dare una svolta alla propria vita.
La decisione cardine è quella d’eliminare drasticamente la musica non sicuramente attribuibile a Borodin. E dunque niente Ouverture. Niente terzo atto, di cui però si recuperano parte del terzetto e il grande arioso di Igor recentemente riscoperto negli archivi e orchestrato da Faliek, inseriti entrambi nell’ultimo atto. Si inverte l’ordine di primo e second’atto facendo seguire al Prologo la scena polovesiana. E infine si termina l’opera non più con l’apoteosi di Igor bensì con una speranza collettiva seguita alla sua presa di coscienza: impiegando quale “colonna sonora” la musica del brano sinfonico “Scorre il fiume Don” composta da Borodin per Mlada.
Questo per quanto riguarda il materiale musicale. Circa la successione narrativa e la sua realizzazione scenica (quella come proficua conseguenza di questa), in qualità di scenografo Tcherniakov disegna solo due ambienti. Il primo è la quadrata corte interna del palazzo di Igor in cui avvengono Prologo e secondo atto. Stessa corte anche per l’atto conclusivo: dopo l’ultima battaglia, essa è in rovina, ingombra di macerie. In significativo contrasto con la “chiusura” in cui sta immerso tutto il resto dell’opera sta l’altra invenzione scenografica di Tcherniakov: che per l’atto polovesiano “apre” un immenso campo di papaveri sotto un cielo color indaco.
Noseda dirige come sempre vorremmo dirigesse: con un fervore, un’energia, un abbandono al canto e una ricchezza di colori tutti magnifici. Se perfetta è la voce di basso-baritono di Ildar Abdrazakov per ciò che concerne la scrittura di Igor, a farne l’interprete più autorevole mai ascoltato in teatro come in disco concorrono in pari misura il fraseggio, che scava la parola sempre chiaroscurandola con spontanea comunicativa anziché declamarla per mettere in vetrina la mercanzia vocale; e un’immensa autorità scenica costruita attraverso un minuzioso, modernissimo lavoro di sottrazione. Oksana Dyka ha sempre il registro acuto stridulo che da tempo le si conosce, ma – vecchia storia – il periodare russo, assai più ricco di vocali di quello latino, lo rende infinitamente meno sgradevole e percussivo. Stupenda la Konchakovna morbida e sensualissima di Anita Rachvelishvili, ragguardevole lo squillo tenorile sfoggiato da Sergei Semishkur, di grande efficacia il fraseggio insinuante e lascivo del Galitskij di Mikhail Petrenko, e un po’ ruvido ma d’indubbio impatto il Konchak di Stefan Kocan. Superbo il coro guidato da Donald Palumbo, e ancora una volta di paradigmatica modernità narrativa le riprese in diretta curate da Gary Halvorson.
Non è solo la più bella esecuzione di una gran bella musica, autoreferenziale nel suo essere svincolata da ogni connotazione teatrale: è il vero Principe Igor di Borodin, uno dei grandi capolavori del teatro musicale russo.
Elvio Giudici

 

 

 


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306 Novembre 2024
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