Ciaikovski – La Donna di picche

Ciaikovski - La Donna di picche

Interpreti M. Didyk, L. Tézier, Ewa Podles, E. Magee, E. Zaremba, S. Toczyska 
regia Gilbert Deflo
direttore Michael Boder
orchestra e Coro del Gran Teatre del Liceu
formato 16:9
sottotitoli: ingl., fr., ted., spagn., catalano
2 dvd Opus Arte OA 1050 D

Videografia inquieta, quella della Donna di picche, che non riesce a trovare un punto di equilibrio e oscilla come un pendolo tra innovazione e tradizione. Con una grande assente: la regia di Richard Jones (approdata da noi a Bologna nel 2002) che nella sua originalità si sarebbe piazzata ai primi posti, surclassando il pur intelligente exploit di Vick a Glyndebourne (dvd Arthaus), tanto per restare in area britannica. Viceversa la messinscena di Gilbert Deflo, risalente agli anni Novanta e immortalata in dvd dal Liceu di Barcellona, accontenterà gli amanti della rappresentazione pulita, tranquilla, elegante, del prodotto ben confezionato tra scene, luci e costumi, ma lascerà a bocca asciutta chi, grattando sotto la superficie, cerca soprattutto il colpo d’ala, anche a costo di non appagare l’occhio. Invece, anche stavolta, sotto il vestito niente. Siamo ben lontani dalla cruda e geniale visionarietà espressionista di Jones o dall’allucinante ospedale multi-uso di Lev Dodin, che tanto ha fatto gridare allo scandalo i puristi, per quel suo effettivo rimescolare Puškin con Ciaikovski, e le sue licenze in fatto di tagli, ma che a noi, inguaribili cercatori di novità, al Maggio fiorentino del 1999, fece saltare dalla sedia mettendo i brividi addosso. Ben prima quindi dei fasti parigini del 2005, da cui poi è stato tratto il relativo dvd (Tdk). E allora diciamolo chiaramente: ben vengano gli estri di Jones e di Dodin, piuttosto che il rassicurante quadretto di maniera da Pietroburgo in cartolina. Ciaikovski ha riversato ben altro, nella Donna di picche, in fatto di nevrosi, stanchezza di vivere, disperato bisogno di amare destinato a restare inappagato. Comunque, ritornando a Deflo, pur nella totale inerzia di idee, che fa il paio purtroppo con una bacchetta tra le più calligrafiche, piatte e noiose che quest’opera abbia mai conosciuto, non si può negare che l’apparato visivo abbia i suoi meriti, anche se è solo una scatola vuota. Un gran peccato, invece, che Emily Magee sia sostanzialmente fuori parte. La sensibilità di questa straordinaria attrice-cantante viene fuori solo a tratti e il motivo è sempre quello: la parte di Lisa (come del resto accade con German) costringe quasi tutte, chi più chi meno, a pesanti compromessi. Tutti, tranne una: e ora che gli anni passano varrà la pena di non smettere di ricordarlo. Tanto più che di documentazioni video e audio siano fortunatamente provvisti. Il riferimento è ovviamente a Mirella Freni che dopo essere stata “la” Tatiana di una generazione (la mia), si è appropriata con logica consequenzialità dello stesso primato anche con Lisa. Appartengo alla schiera di quelli che, pur riconoscendo il valore delle grandi cantanti russe “con l’elmetto in testa” (Tamara Milaškina e Galina Višknevskaia sopra le altre), ritengono che la Mirella nazionale se le sia mangiate tutte. Ascoltare per credere l’ormai famoso disco bostoniano con Ozawa (Rca/Classic Voice Opera 2005 n. 23) o la recita viennese ripresa dalla tv austriaca (Sony). Insuperabile. Nell’opera, il canto morbido e sfumato (il più difficile) vince sempre sul forte ad ogni costo. Diversamente vanno le cose sul versante maschile: qui la scuola russa ha inciso eccome, dissodando l’aspro ruolo di German. Si può cominciare dall’epico Nelepp (e quindi dal disco anni cinquanta che tutti prima o poi andiamo a riascoltare: cd Arlecchino), a rigore il capostipite più difficile da emulare, per passare poi attraverso le interpretazioni di Andjaparidze, Atlantov (la cui longevità vocale si è tradotta in quattro registrazioni, di crescente intensità espressiva, con partner, quanto mai eterogenee, del livello della Milaškina, il cui stile Bolshoi vecchia maniera risalta anche in video (Fgl), e della Freni), Grigorian (che ha lasciato un ottimo ricordo di sé con Gergiev: cd/dvd Philips), Vladimir Galouzine (onnipresente e impressionante con Dodin) e l’apprezzabile Misha Didyk. Così come Pavel Lisitsian, con la sua cavata di una morbidezza inimitabile, costituisce da sempre la pietra di paragone dei tanti Yeletsky, russi e non, arrivati dopo: motivo ulteriore per stare stretti al menzionato disco con Nelepp. Tanto più che è diretto benissimo, in un’atmosfera di bruciante romanticismo, dal vibrante Melik-Pašaev: quanto di meglio disponessimo, prima che Ozawa decidesse finalmente di immergere la partitura in più decadenti languori.
Altro discorso per il formidabile ruolo della Contessa: tipicamente doppio (rimarcato dal geniale Richard Jones fin dal sipario, con quella figura sensuale di donna che come in una dissolvenza si trasformava in una grottesca megera, per poi infilarsi tra le lenzuola del letto di German), e quindi occasione ghiottissima per qualunque cantante-attrice. A patto che canti: cosa che, come ognuno sa, capita due volte su dieci. Da qui la fatale divisione tra Contesse “cantanti” e “parlanti”, giovani o agée. Preferiamo le prime, ma non disprezziamo (anzi) le seconde, se sono come la Mödl (quella morte a occhi spalancati, a Vienna) o la Silja (ammirata nel 2009 con Denis Krief a Torino, dove si è naturalmente portata a casa la recita). Certo le prime fanno più sensazione: in questa categoria mettiamo senz’altro la Podles che, a modo suo, una parola nuova la dice, puntando sulla carta sicura di un registro grave ancora ragguardevole (sentire come scandisce i nomi delle tre carte) e dell’ironia. Tutt’altra cosa, ovviamente, dalla raffinata souplesse della Forrester, o dalle graffianti prove di tantissime altre, anche italiane (Pederzini, Olivero) oltre che inglesi, come Felicity Palmer nel lineare spettacolo di Glyndebourne (un efficace impianto di scatole e luci, che Jones svilupperà con ben altra audacia prospettica), senza dimenticare la lunga genealogia della scuola russa (Arkipova in testa: si limiterà a cantare, d’accordo, ma lo fa stupendamente)

Giovanni Chiodi


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305 Ottobre 2024
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