interpreti M. Torbidoni, L. Polverelli, F. Benetti, M. Garcia, M. Belli direttore Fabio Biondi orchestra Europa galante regia Cesare Scarton regia video Tiziano Mancini formato 16:9 sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Giap. dvd Dynamic 37687 prezzo 24,30
Dopo la partenza mozartiana coi tre Da Ponte (valorizzati da direzione di Nagano e cast quasi eccezionali), il Reate Festival del 2013 fu all’insegna d’una saggia furbizia. Sempre alto l’assunto, con la scelta d’un titolo come la Bolena: ma la scelta di un’edizione alternativa consentiva l’azzardo d’un cast giovane come budget ridotto impone, e l’impiego di direttore e orchestra senz’altro interessanti quantunque non troppo di casa con l’estetica donizettiana. L’edizione è quella approntata da Donizetti alla Scala dieci anni dopo la prima, sempre milanese ma al Carcano: scrittura in diversi punti più bassa per Anna e per Percy; niente arie per Giovanna e Smeton; organico significativamente ridotto. Più bella? No. E comunque, facilitata o meno che sia, una parte come quella della protagonista esige un carisma interpretativo che Marta Torbidoni non ha: bella voce emessa e padroneggiata benino con una tenuta musicale di tutto riguardo, ma su legato, sicurezza nell’acuto, timbratura nei gravi, omogeneità della linea, c’è ancora parecchio da lavorare, di conserva a un fraseggio tutto da trovare. Laura Polverelli è l’unica che abbia un’idea di come stare in scena, e il fraseggio sa cosa sia: la linea è tuttavia alquanto acciottolata e disseminata di gradini, con acuti non sempre gradevoli. Il tenore Garcia ha un’emissione che scantona spesso nel naso, la linea s’avventura in passi perigliosi fidando molto più sulla spinta della gola che sull’appoggio del fiato, e “Vivi tu” – causa anche il taglio dell’aria di Giovanna, che gli impedisce un minimo di riposo dopo il difficilissimo terzetto – denuncia un deficit d’ossigeno che la rende abbastanza penosa: supplisce in parte l’accento, sicuramente il più animoso e vibrante del cast. Imbarazzante Federico Benetti: dovrebbe essere “il tremendo ottavo Enrico”, e pare un liceale smunto e timidone, ma soprattutto canta proprio niente bene. Biondi fa ascoltare particolari molto suggestivi (però quanto scroccano, i suoi ottoni!), guastati da scelte di tempo parecchio cervellotiche nei suoi continui yo-yo tra rallentatoni da far perdere il fiato e corse a rompicollo che rendono ad esempio una pagina come la conclusione del duetto Anna-Giovanna una pimpante amenità: e alcune scelte interpretative “realistiche” come quella di sottolineare il vaneggiamento finale di Anna chiedendo all’interprete un falsettante, fisso e straniato fil di voce per simulare il “suon sommesso” dell’arpa di Smeton, a me paiono incongrue facezie al pari degli svolazzi del fortepiano introdotti quinci e quivi. Ci sarebbe anche uno spettacolo, assicura la locandina. La grande idea è ambientare l’opera nell’Ottocento donizettiano facendone un dramma borghese molto salottiero: gente che va, viene, soprattutto sta, senza sapere cosa farsene delle braccia se non per segnare il tempo. Era meglio la recita in forma di concerto cui erano affidate le opere mozartiane, nonostante vantassero cast da grandissimi cantanti-attori.
Elvio Giudici