interpreti P. Domingo, A. Chichman, A. Chacon-Cruz direttore Grant Gershon orchestra Los Angeles Opera regia Woody Allen regia video Matthew Diamond formato 16:9 sottotitoli It., Ing., Fr., Ted. dvd Sony 88985315089
È scontato che una personalità eccezionale nel cinema ottenga risultati eccezionali a teatro, e per giunta nel teatro musicale? Certamente no: e la sfilza di esempi citabili riempirebbe diverse pagine. Allen vi s’è cimentato con quest’opera a Los Angeles nel 2008 (nel quadro d’un Trittico gli altri due tasselli del quale li firmava William Friedkin) e a Spoleto l’anno dopo, con la direzione effervescente di James Conlon: per la ripresa a Los Angeles nel 2015 si disponeva di Domingo debuttante nel ruolo protagonista, e quindi – presumibilmente – dei mezzi per approdare al dvd.
Di per sé, l’umorismo icastico e disincantato dello Schicchi sembrerebbe quanto mai idoneo ad Allen: il problema sta però nel linguaggio con cui esso s’esprime e quindi sulla natura che esprimendosi esso assume. Allen parte con proiezioni dei titoli di testa accompagnati da tarantella (sull’Arno? tornano alla memoria i film della Hollywood anni Trenta, che filmavano una Venezia di cartapesta con gondole da cui sortiva il canto di “O sole mio” con immancabile mandolino. Gesù, ma Woody: siamo nel nuovo millennio!) che devo assolutamente riportare per esteso, sennò non ci si crede. Giuseppi (sic) Prosciutto, with Aldo Melone, present Gianni Schicchi. With: Tonio Salmonella, Oriana Fellatio, Cesare Insalata, Stefina Moltozoftica (ma che cavolo significa?); sceneggiatura Vitello Tonnato; regia Luigi Impetigo. Con sorriso beato, il (pessimo, ma proprio pessimo) direttore attacca, e vediamo l’ambiente disegnato dal fido scenografo di Allen, Santo Loquasto: Italia del secondo dopoguerra, alloggio popolare ma con pretese, stile nuovo ricco. Potrebbe starci. Il neorealismo s’attaglia ai tipi, ai tic, all’istinto di sopravvivenza, all’arrangiamoci non lesinati né dal testo né dalla sua traduzione musicale. Sono le gag, a essere parecchio estranee. Il cinefilo Allen vorrebbe magari rifarsi a Fellini e anche a De Sica, ma il risultato è una serie di scenette d’avanspettacolo peggio che brutte: banali da paura.
La Zita obesa con grembiulone e ramaiolo che mescola nel pentolone della pasta, mettendoselo poi in tasca. La Ciesca vampirona scollatissima e scollacciatissima sempre a strusciarsi con chiunque capiti a tiro, eterna sigaretta in bocca come ogni fatalona che si rispetti. Il testamento tirato fuori dal pentolone con gli spaghetti, che restano appiccicati alla carta. Foto in sbiadito bianco e nero del Battesimo di Cristo del Verrocchio appiccicata con chiodo a una parete (avrà un significato? boh). Buoso cadavere tirato giù dal letto e piazzato fuori dalla porta in posa da mendico con piattino per l’elemosina (e Spinelloccio gliela fa). Schicchi virato a gangster bonaccione in immancabile gessato nero con Lauretta stile Anna Magnani dei poveri con tanto di coltello a serramanico nella giarrettiera. E quanto a Gianni accoltellato dalla Zita al finale, con tutto l’immenso rispetto che fin dal primissimo film nutro per Allen, non è una gag bensì una scemenza fatta e finita.
Domingo è più che mai tenore, ma in questa parte la cosa fa molto meno danni rispetto alle altre baritonali che va ammannendo in un catalogo da fare invidia a Leporello: il carisma a tratti rigalleggia, e forse in altro spettacolo potrebbe farsi valere. Il resto del cast recita benissimo le stupidissime scenette da Italia d’esportazione che fanno scompisciare il pubblico e rabbrividire noi poveri villici italici: ma con la parziale eccezione della Lauretta di Andriana Chuchman, cantano male e pronunciano malissimo.
Elvio Giudici