Verdi – Attila

interpreti O. Anastasov, R.
Nikolaeva, V. Anastasov, D. Damyanov
orchestra e coro dell’Opera Nazionale di Sofia
direttore Alessandro Sangiorgi
regia Plamen Kartaloff
sottotitoli it., ingl., fr., ted., spagn., bulg.
dvd Dynamic 33732

Verdi-Attila

Dei tesori di Attila, a vantaggio del disco, si accorgono, negli anni Sessanta del secolo passato, due agguerrite primedonne. Nel 1964 Joan Sutherland registra (The Art of Belcanto, Decca) la spettacolare aria di sortita di Odabella, con tanto di cabaletta munita di variazioni alla ripresa (mai più sentita così fluida e argentina). Nel 1967 è la volta di Montserrat Caballé, con un’esecuzione magistrale della seconda aria, compresa nel recital Rarità verdiane (Rca, ora Sony-Bmg).
Nessuna delle due affrontò l’opera completa (né lo fece la Callas). Ai due storici frammenti, che troneggiano in vetta alla discografia, si aggiungerà la prima integrale nel 1972 (Philips): è il trionfo del tenore verdiano per eccellenza, Carlo Bergonzi, il cui Foresto è rimasto ineguagliato, con l’ottima Odabella di Cristina Deutekom (ma anche Raimondi e Milnes, benché non alla stessa altezza, hanno momenti ragguardevoli). Gardelli accompagna, come al solito, con encomiabile diligenza: ma non è il Muti fiorentino, né il Patané milanese degli stessi anni Settanta, che sono semplicemente elettrizzanti. È il periodo, questo, in cui Attila si afferma a teatro, partendo, prima di tutto, da palcoscenici italiani.
Per chi voglia percepire gli echi di una serata storica, non c’è che da ascoltare il live scaligero del 1975 (Myto), che schiera un fronte compatto di protagonisti. Riascoltato oggi, sotto la bacchetta incalzante di Patané, l’esito colpisce ancora: canto, in tutti, di alta scuola, con la marcia in più che dà l’energia di una recita che si giovava, in teatro, della regia di Puggelli. E poi: voci di grosso calibro, ma allo stesso tempo capaci di colori e sfumature. Certe frasi, come le accenta o come le modula Ghiaurov, in modo grandioso ma anche con quella morbidezza tutta sua, restano impresse per sempre per la memoria, al pari delle accensioni vibranti di Cappuccilli o della Orlandi Malaspina (gran bel materiale unito a solida tecnica) e dello squillo del giovane Luchetti, allora richiestissimo come Foresto.
È notevole, ma non così compiuta a livello vocale, anche la recita fiorentina diretta da Muti (Foyer), preferibile al live romano del 1970, e che si impone soprattutto per le tante idee nuove che sgorgano dalla concertazione, mentre nel cast primeggiano Ghiaurov, la Gencer (in un suo tipico ruolo ferino) e Luchetti. Attila trova infine anche la via del video, ma più tardi, nel 1985, quando l’opera viene ripresa all’Arena di Verona, nella sontuosa cornice orientale ideata da Giuliano Montaldo e sotto la guida come al solito scorrevole ed esperta di Nello Santi: due buoni motivi, quindi, per rivalutare il dvd che per il resto presenta, tra gli interpreti, una grande rivelazione accanto a delle conferme.
La rivelazione è Maria Chiara, che è una Odabella radiosa e stupenda, la conferma è Luchetti; Nesterenko e Carroli sono presenze notevoli sulla scena, soprattutto il primo, ma molto più discutibili nel canto, non immune da vizi. Il rapporto di Muti con Attila, che continua ancora oggi, si consolida a Milano dove, dopo il disco per la Emi nel 1989, l’opera rientra in cartellone nel 1991 (nello spettacolo, a dire il vero di rara modestia, di Jérôme Savary: dvd Fonit Cetra).
La stella di questa edizione, sul piano vocale, è senza dubbio Samuel Ramey, che è un Attila naturalmente più snello rispetto ai consueti bassi verdiani, ma prodigioso: qui sono le radici belcantiste a contare e a permettergli autentiche prodezze vocali, che illuminano in modo inedito il personaggio, intorno al quale la concertazione di Muti costruisce un discorso fitto di particolari nuovi, saldandoli in un percorso narrativo teso come un arco.
Escono bene dal confronto anche Cheryl Studer, in possesso di uno strumento privilegiato, Kaludov e Zancanaro (che però è in più di un’occasione inerte sul piano espressivo); superlativo è infine il coro.
A meritare senz’altro gli onori di una riproduzione ufficiale in video, in tempi più recenti, sarebbe stato l’Attila di Michele Pertusi: lacuna grave a fronte di una prestazione eccezionale, per acume di fraseggio, psicologicamente articolatissimo, e sicurezza vocale, che a teatro si è imposta più volte, spesso a fianco di Dimitra Theodossiou, la cui Odabella ha trovato la strada del disco (Dynamic), ma in una produzione non esattamente memorabile.
Proprio nulla, viceversa, aggiunge a questo quadro lo spettacolo ripreso nel suggestivo contesto della fortezza di Tsaverets in Bulgaria nell’agosto 2011, musicalmente piatto al pari della regia. Né sul piano vocale, pur tenuto conto che si tratta di una recita dal vivo all’aperto, abbondano i motivi di interesse, concentrati nell’Attila di Orlin Anastasov (che però delude molto, malgrado i mezzi) e nella Odabella del soprano Radostina Nikolaeva (limiti, a parte, tra cui l’intonazione), censurabile invece Ventseslav Anastasov e pessimo il tenore Damyanov.

Giovanni Chiodi

 

 

 

 


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