Verdi – Stiffelio

interpreti R. Aronica, Y. Guanqun, R. Frontali, G. Mangione
direttore Andrea Battistoni
orchestra teatro Regio di Parma
regia Guy Montavon
regia video Tiziano Mancini
formato 16:9
sottotitoli It., Ing., Fr., Ted., Sp.,Ci.,Cor.,Giap.
dvd CMajor 15

verdi-stiffelio

Ogni volta che la si risente, immutata è la meraviglia che un’opera così potente, personale e insomma splendida, sia stata e tuttora resti ai margini del repertorio verdiano: né, per una volta, mancano documenti audio e video che aiutino a comprenderne appieno le ragioni tanto musicali quanto drammatiche. Documenti cui questo s’affianca rischiando spesso di superarli. Battistoni dirige meglio di quanto gli sia capitato altre volte. Meno preoccupato di ostentare la propria indiscutibile bravura, tende un arco narrativo molto serrato, senza eccessivi cincischi dinamici o schizofrenie ritmiche, accettando la generale tinta cupa originata da uno spessore strumentale che nell’essere insolito per il Verdi ancora nella sua prima fase, esige d’essere valorizzato nel proprio significato drammaturgico anziché impiegato per deflagrazioni che nel loro vacuo effettismo andrebbero proprio nella direzione opposta: illumina quindi la continua penombra con luci ora di taglio ora tenuemente diffuse, badando a far emergere il connotato di dramma privato, dove il dato psicologico s’intride di passionalità ma in essa non s’annulla. Il settimino del prim’atto, dunque, non diviene né esercitazione di contrappunto coi passaggi sillabici dei seguaci da una parte e di Stankar-Raffaele dall’altra, né pista di decollo per l’aprirsi melodico del canto di Lina: ma mantiene il suo inquieto trascorrere da un groviglio psicologico all’altro, riuscendo a definire ciascuno in maniera assai efficace. Ed è la cifra che la direzione tende lodevolmente a mantenere: valorizzando in tal modo un tipo di vocalità che nel suo marcato impiego della sillabazione diverrà sempre più peculiare in Verdi, definendone il teatro musicale con tratti subito riconoscibili e che proprio in Stiffelio trovano la loro prima compiuta realizzazione, incarnata nel tenore Fraschini non per caso da lui il più amato tra tutti.
Appunto nel risolvere brillantemente questo aspetto vocale, Roberto Aronica plasma un personaggio magnifico. Certe brucianti progressioni che impegnano strenuamente tanto la tenuta dei fiati quanto il controllo dell’emissione; certi fraseggi arroventati da scandire con dizione che tutta l’organizzazione musicale mira a rendere la più nitida possibile; certe montagne russe che portano la voce da scansioni martellate in zona centrale a una caterva di la acuti da tenere spasmodicamente conferendo loro quanta più ricchezza di vibrazioni possibili: tutte ardue richieste (per una parte, d’altronde, non a torto definita “da Otello ante litteram”) che trovano il cantante del tutto all’altezza, col decisivo valore aggiunto d’un accento vario e sempre appropriato tanto al serioso sermoneggiare quanto all’espansione passionale spinta fino all’esplosione arroventata di furia gelosa, e che all’altezza trovano allora l’artista.
Stankar è figura anch’essa divisa tra aggressività e pateticità, ripartite in andamenti liricheggianti che impiegano tanto fiorettature in zona acuta da affidare a un’emissione tutta a fior di labbro, quanto ampi e vibranti legati in frasi dove le fiondate verso l’alto arrivano repentine e per niente comode: la voce d’impasto chiaro, il canto tutto sul fiato, la morbidezza nel dipanare certi infidi melismi, la facilità ma anche l’incisiva pienezza del registro acuto (il niente facile fa diesis dell’Allegro dell’aria al terz’atto è una roccia) fanno di Frontali il miglior interprete che questo ruolo abbia avuto. Un filo meno esemplare è invece Lina: Yu Guanqun canta assai bene, con tutti i do sicuri e facili, tutte le frasi legate sostenute a dovere, i passi virtuosistici nitidi e sgranati con musicalità impeccabile: ma è l’accento, il colore, l’altalenare continuo e nevrotico tra esaltazione e ripiegamento, che sanno di lezione compitata con professionalità massima ma coinvolgimento espressivo minimo. Solo discrete le parti di fianco, quantunque già il non essere indecenti obblighi oggi a definirle ottime, e – come sempre a Parma – eccellente il coro di Martino Faggiani. Spettacolo semplice nelle scene (ma Gesù, come hanno conciato tenore e baritono, con quelle barbacce e quei basettoni a renderli due scopini!!), essenziale nei gesti, ma quantomeno chiaro nello svolgimento d’una vicenda non facilissima da afferrare.
E.G.

 

 

 

 

 

 

 


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306 Novembre 2024
Classic Voice