Wagner – Siegfried

interpreti  L. Ryan, P. Bronder, T. Stensvold, J. M. Kränzle, A. Tsymbalyuk, A. Larsson, N. Stemme, R. Moriah
direttore  Daniel Barenboim
orchestra Teatro alla Scala
regia Guy Cassiers
2 dvd ArtHaus Musik 101 695
prezzo € 39,20

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Registrata alla Scala nell’ottobre del 2012, la seconda giornata del wagneriano Ring approda al video con molti e spesso ragguardevoli meriti. Daniel Barenboim se ne fregia per primo esibendo una mirabile densità sinfonica priva di inutili sopraffazioni, anzi limpida nel ritrarre la complessa trama strumentale con punte di autentico brivido, come nella stupefacente magia dei rarefatti colori degli archi che avvolge l’ascesa di Siegfried alla vetta infuocata e lo stupore atterrito del suo primo contatto con la donna. Punta di diamante di questa direzione è infatti l’aver intuìto come centro nevralgico dell’opera sia quello dei suoi sprofondi psicanalitici: complessi edipici, paura del sesso, progetti criminosi si amalgamano splendidamente per via di un fraseggio franto, spezzettato che privilegia il dato avanti lettera espressionistico del canto dei due nibelunghi, qui scandito in modo pressoché perfetto dalla classe di due interpreti quali Peter Bronder (Mime) e Johannes Martin Kränzle (Alberich). E ciò dice quanto la partnership vocale del team scaligero abbia nel suo insieme coadiuvato il direttore a ottenere la giusta cifra espressiva: la collaudata Brünnhilde di Nina Stemme, il cui vigile sistema d’emissione aggira con grande accortezza la velenosa scrittura; la statuaria, affascinante Erda di Anna Larsson, la cupa, mai debordante risonanza grave del Fafner di Alexander Tsymbalyuk, il lucente strumento dell’Uccello del bosco di Rinnat Moriah. Last not least, il protagonista di Lance Ryan e il Wotan, qui detto Wanderer, di Terje Stensvold. Quest’ultimo canta con nobiltà una parte che spesso viene virata verso il truculento ma certo volume e pulsioni sono meno appariscenti di quelli che riscontrammo nei grandi Wotan della storia; mentre il Siegfried di Lance Ryan, non essendo in possesso di uno strumento di particolare bellezza, è tuttavia assai ben connaturato alla parte per il vigore dell’accento e qualche meritorio alleggerimento del suono. Ma soprattutto, lasciate che ve lo dica, è l’unico tenore che io oggi conosca che crei una verosimile sintonia con l’immagine dell’eroe e non del solito cretino frutto dell’incesto perpetrato dagli infausti genitori.
La regia di Guy Cassiers, coadiuvata dai costumi di Tim Van Steenbergen e dall’impianto scenico e dalle luci di  Enrico Bagnoli, coglie spesso il segno affidandosi a un uso assai ingegnoso della variabilità cromatica, capace di creare effetti di vera drammaturgia mediante un accurato uso delle luci. Vedansi il cangiante bosco del secondo atto (con la trovata di far incarnare all’uccello-guida sembianza umana nelle fattezze di una non disprezzabile fanciulla) o il bello scenario della rupe ardente del finale, ove i due futuri amanti si agitano per circa quaranta minuti non sapendo che fare, visto che unica loro mira è quella di ritrovarsi presto a letto. E che ci mettano tutto quel tempo è soltanto colpa dell’inutile tiritera cui il divino autore li costringe. E forse nessun regista può farci niente.
Aldo Nicastro

 

 


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