Wagner – Tannhauser

Wagner - Tannhauser

interpreti P. Seiffert, P. M. Schnitzler, B. Uria-Monzon, M. Eiche, G. Groissböck
 direttore Sebastian Weigle
 orchestra teatro Liceu di Barcellona
 regia Robert Carsen
 regia video Xavi Bové
 formato 16:9
 sottotitoli Ing., Fr., Ted., Sp., Cat., Cin., Cor.
 2dvd C-Major 709308

Non nuova l’idea di vedere Tannhäuser quale parabola della condizione esistenziale e sociale dell’artista, con tutti gli agganci suggeriti dall’evidente intento autobiografico dell’autore. David Alden, nel suo memorabile e immaginifico spettacolo di Monaco, l’aveva già ampiamente sperimentata centrandola inoltre sul passato storico osservato dall’ottica della struttura sociale: asserendo la tesi che negare la libertà d’espressione comporta sempre e comunque la negazione del vivere civile.
Il rapporto artista-società è l’idea centrale anche di questo spettacolo di Carsen. Qui l’artista è un pittore contemporaneo, proprio come il Walther dei Meistersinger di Katharina Wagner. E dunque il Baccanale diventa un collettivo artistico in cui Tannhäuser – al centro di frenetici andirivieni di colleghi impegnati in un body painting – ritrae una Venere ignuda vista di spalle (determinante diviene così il poter disporre di Béatrice Uria-Monzon, fascinosissima da vedere e gradevole da sentire): usando le mani nude per creare una tela che non vedremo mai di fronte ma che, presentata all’apertura della mostra allestita nella sala d’arte “Wartburg”, suscita uno scandalo simile a quello che all’inizio del Novecento accolse la Sezession viennese. La redenzione si metaforizza pertanto nel passaggio da artista scandaloso, bersaglio di critiche e vituperio, ad artista riconosciuto ovvero di moda: e la sua Venere viene appesa al posto d’onore della galleria tra sguardi ammirati e/o estatici di quanti non capivano e beninteso continuano a non capire niente, però seguono l’onda. L’aspetto di critica sociale passa qui in secondo piano se pure non è assente del tutto, al pari d’ogni contesto di critica storica che Alden rendeva invece centrale: lo spessore drammaturgico mi pare ne sia un filo impoverito, ma come sempre sensazionale è il dominio dello spazio scenico posseduto da Carsen, come lo è la capacità di far muovere i singoli relazionandoli gli uni agli altri nel mentre se ne definisce l’evoluzione psicologica.
Weigle dirige con severo senso dello stile e ottima musicalità un’orchestra che fa quel che può e comunque s’impegna al massimo. Seiffert, il Tannhäuser per antonomasia lungo quasi un ventennio, adesso è purtroppo alla frutta: sempre ampia e robusta la voce, ma la linea vacilla spesso e il mal di mare condiziona l’accento, non granché compensato dalla recitazione cui paga pegno la stazza parecchio opima. Petra Maria Schnitzler è acidula su, vuota giù, carisma scarsino e propensione al bamboleggiamento. Markus Eiche è fioco e smorto, la sua Abendstern brillando proprio niente.

di elvio giudici


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306 Novembre 2024
Classic Voice