A cura di Giorgio Agamben e Maresa Scodanibbio editore Quodlibet pagine 302 euro 19
Come “inventore” di musica era difficile separare in Stefano Scodanibbio (1956-2012) il compositore e il geniale, straordinario solista di contrabbasso, e non soltanto quando scriveva o improvvisava usando il suo strumento, perché anche nel rapporto con altri strumenti (prevalentemente ad arco) il suo inesausto spirito di ricerca aveva bisogno di una diretta concretezza fisica, corporea.
A sette anni dalla morte crudelmente prematura esce questa raccolta di scritti del musicista che era stato tra i collaboratori più importanti di Nono negli anni del Prometeo e che si era imposto come artefice di una nuova visione del contrabbasso. Suddiviso in tre parti, il volume inizia con la sezione “Ritratti ed echi”, purtroppo breve (una cinquantina di pagine), perché non sono state molte le occasioni in cui Scodanibbio ha scritto sul proprio lavoro e su ciò che avevano significato gli incontri e la collaborazione con protagonisti come Nono, Scelsi, Berio, e, oltre ai compositori, Sanguineti e Agamben. Scarne, ma molto significative anche le schede su lavori propri, le “Note ai pezzi” che costituiscono l’ultima parte del volume. Al centro quasi duecento pagine di “Taccuini 1977-2011”: sono frammenti di diario di un artista ricco di interessi e aperto in molteplici direzioni, anche nei confronti di esperienze musicali diverse da quelle della sua formazione, un musicista che era di casa a Macerata (dove nel 1983 aveva fondato la Rassegna di Nuova Musica) come in Messico, un protagonista di cui qui si rivelano anche molti aspetti della personalità “privata”.
Paolo Petazzi
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