editore Edt pagine 575 euro 35
Dalle danze tribali di Congo Square a New Orleans – dove oggi si trova il Louis Armstrong Park – scivolando verso i leggendari Joplin o Beiderbecke da cui discendono stili e forme del jazz come lo conosciamo. Ma anche alcuni chiarimenti doverosi: i canti di lavoro, per esempio, non volgono lo sguardo ai carnefici della schiavitù coloniale bensì preservano orgogliosamente intatta la natura africana della vocalità. E poi la preistoria del Blues, che Ted Gioia documenta come una corrente carsica che scorre nelle aree rurali fin dal diciannovesimo secolo. L’autore, poi, analizza frammentazioni e transizioni postmoderne senza rancori viscerali arrivando al nuovo millennio con una tesi indovinata: “Il jazz è più un’apertura al possibile che una devozione servile a ciò che è stato consacrato dal tempo”. È “rifiuto di stare fermo”, “volontà indefessa di assorbire altri suoni e altre influenze”, “musica del divenire e della fusione”. [Alessandro Traverso]